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Museo della Canapa di S.Anatolia di Narco.

Un luogo da visitare che riserva piacevoli sorprese.

di Fabio De Angelis
Tempo di lettura: 9 minuti

Il parlare della Canapa rischia sempre di essere frainteso. Mettiamo subito dei decisi paletti. Qui si parla esclusivamente della Canapa per usi tessili e industriali.

La Canapa.

La tassonomia del genere Cannabis è stata oggetto di numerose controversie, generando confusioni anche in campo legislativo.

Ai fini di questo articolo possiamo semplificare la classificazione nelle due sottospecie: la Canapa Indica (o Indiana) e la Canapa Sativa. La Canapa Ruderalis, riportata nella immagine è di più piccole dimensioni, diffusa in America.

Canapa Indica.

È la sottospecie più conosciuta ai giorni nostri. Il suo contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), sostanza psicotropa, va dal 7% al 27%. La sua coltivazione è vietata dalla normativa vigente.

L'aspetto delle tre sottospecie della Canapa.

L’aspetto delle tre sottospecie della Canapa.

Canapa Sativa.

La Canapa Sativa è quella destinata ad utilizzi industriali. La percentuale di THC è inferiore allo 0,6% e la sua coltivazione è legale. Si tratta della sottospecie coltivata diffusamente anche, e soprattutto, in Italia fino agli anni ’70 del secolo scorso.

La coltivazione era molto diffusa in passato, in Italia agli inizi del ‘900 si arrivava a 80.000 ettari di superficie interessata alla produzione.

La Sativa è stata fondamentale nella economia rurale del XX secolo, fornendo una resistentissima fibra auto-estinguente e prodotti diversi, utilizzati sia a livello familiare che industriale per realizzare stoffe, cordami, carta, foraggio per animali, olio, propellente.

Già dalla metà del secolo passato la lavorazione si era ridotta per la concorrenza da parte delle fibre sintetiche.

Nel 1975 le normative sugli stupefacenti introducevano il divieto di coltivare la C. Indica, quella con maggior contenuto di THC. La poca chiarezza della normativa e la oggettiva difficoltà di distinguere morfologicamente le due sottospecie diedero il colpo di grazia a questa attività.

Se vuoi approfondire questi argomenti ti consiglio la lettura delle chiarissime pagine di Wikipedia sull’argomento:

Il museo.

Con l’intento di conservare e tramandare la tradizione, nel 2008 il Comune di Sant’Anatolia di Narco in provincia di Perugia, fonda il “Museo della Canapa – Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra“.

Abbiamo deciso di visitarlo e una domenica pomeriggio siamo arrivati in questo tranquillo paese della Valnerina. Giunti alla piazzetta su cui si aprono due dei tre ingressi al museo, siamo rimasti colpiti dalla serenità del luogo.

Ci accoglie Benedetta, una delle addette alla cura del museo ed alle visite.

La visita.

Il museo, ci spiega la guida, oltre ad essere un contenitore di testimonianze del passato, vuole essere soprattutto una “antenna” (la guida usa proprio questo indovinato termine) che diffonde la cultura della Valnerina, e questo lo realizza con un lavoro sinergico assieme ai vicini Comuni di Scheggino e Vallo di Nera.

Un moderno telaio nel laboratorio del museo.

Un moderno telaio nel laboratorio del museo.

Assieme mettono in atto quello che definiscono “musealizzazione della cultura” raccogliere cioè, oltre agli oggetti legati al lavoro ed al quotidiano, anche leggende, modi di dire, tradizioni.

Il laboratorio.

Il primo ambiente che visitiamo è il laboratorio dove si svolgono i corsi, con piccoli telai di moderna costruzione e attrezzature didattiche.

La scelta di allestire dei laboratori ed organizzare corsi risponde proprio a questo princìpio. Tramandare la conoscenza ed il saper fare alle generazioni future è una esigenza fondamentale, anche per l’economia di un territorio. Si rischia altrimenti che conoscenze e capacità, accumulate ed affinate in decenni e secoli, vengano dimenticate come polvere persa nel vento.

Entrati nei laboratori, abbiamo subito notato il contrasto con il forte caldo all’esterno ed il piacevole fresco all’interno. Sentite le nostre considerazioni, Benedetta ci spiega che l’intonaco di questi ambienti è realizzato con una malta che contiene scaglie di legno e soprattutto, fibre di Canapa.

Si ottiene così un isolamento termico notevole a cui si aggiunge la caratteristica delle fibre di assorbire l’umidità e ridurla negli ambienti tanto che, sulle volte in pietra, ci spiega la guida, non affiora più il salnitro, indice di umidità.

Interno del laboratorio con, in primo piano, l'intonaco isolante.

Interno del laboratorio con, in primo piano, l’intonaco isolante.

Sulla destra nella foto si vede bene l’intonaco, gradevole anche alla vista e al tatto.

Ci accompagna nella visita anche un ragazzino, giovanissimo; lui segue i corsi di tessitura ed in particolare di uncinetto. È bello vedere che giovani generazioni si interessano con attenzione a queste tradizioni, sentire che non andranno perdute dà speranza sul futuro sociale ed economico di questi territori.

I corsi.

In questi laboratori vengono organizzati corsi, destinati a fruitori molto diversi. Si va dalle scuole, ai giovanissimi,  fino a corsi per adulti che vogliono conoscere o approfondire le tecniche di tessitura con la canapa o altri filati.

Il laboratorio è piccolo ma veramente ben attrezzato, con molti telai di piccole dimensioni ed uno di livello professionale.

Il museo.

Seguiamo la guida poi in un’altra sezione del museo dove è conservato un bellissimo telaio ottocentesco e molti reperti di un tempo passato.

Il telaio della metà dell'800.

Il telaio della metà dell’800.

Quando l’interesse per la tessitura nelle famiglie venne meno a causa della industrializzazione e della migrazione dalle campagne, la gran parte dei telai presenti in molte case, vennero dismessi e data la loro presenza ingombrante furono destinati al riscaldamento, si, hai capito bene, bruciati! Legna per il camino. Cultura, manifattura accuratissima, sapienza scolpita nel legno divenne cenere.

Questo splendido telaio è rimasto dimenticato in una spaziosa cantina dentro una grande casa di un qualche paese della Valnerina. Si è salvato per pura indifferenza, perché non c’era bisogno di far spazio, e solo per un puro caso del destino è arrivato fino a noi, a testimoniare con la semplicità del rimanere integro, capacità e conoscenze che troppo spesso sono andate letteralmente in fumo.

Per per nostra fortuna, è stato donato al museo e ora può essere ammirato ed apprezzato in tutta la sua bellezza, una bellezza fatta di forme che rispondono a precise esigenze tecniche e funzionali.

Un telaio speciale.

Una vera rarità da ammirare nel museo è un piccolo telaio di raffinata fattura, si tratta di un telaio specifico, destinato ad un utilizzo specializzato. Ha una larghezza limitata ad una precisa misura ed ha meccanismi sofisticati

Telaio per realizzare fasce per bambini.

Telaio per realizzare fasce per bambini.

Serviva per tessere fasce per i bambini. Un tempo era usanza avvolgere i neonati in strette fasce per, secondo le credenze, farli crescere ben dritti e solidi nelle ossa.

Avere in casa un telaio come questo era indice di ricchezza e benessere. Dedicare risorse ad una necessità così specifica significava potersi permettere strumentazione con uso limitato.

I curatori dell’allestimento del museo hanno deciso di mostrarlo in una posizione non corretta, è ribaltato rispetto alla sua posizione d’uso, come lo avremmo visto accantonato in una cantina, come avremmo dovuto riconoscerlo fra le cianfrusaglie ammassate e in disuso. Affascinante scelta, come a dirci: non sottovalutate uno strano aggeggio di legno di cui non capite l’utilizzo al primo sguardo.

L’opera d’arte.

Una piacevole sorpresa la trovi dietro uno stretto passaggio. Con tessuti realizzati dai detenuti della Casa di Reclusione di Spoleto e con “centrini” realizzati dai laboratori del Museo della Canapa, Liliane Lijn ha creato una installazione sorprendente.

Fermi come tessuti conservati in un armadio, puoi vedere dei morbidi drappi di rilassante colore chiaro ed écru in un ambiente bianco e accogliente, cominciano a muoversi e iniziano lentamente a girare e a creare forme rotanti che evocano infinite immagini, dai dervisci alle gonne delle donne al ballo, una sposa ed il suo velo, pianeti, morbidi richiami.

Bello! Da vedere. È una cosa semplice in fondo, ma per proprio per questo altamente evocativa. Ci si può passare del tempo ad osservare.

Un’altra sezione del museo.

Ci siamo spostati poi in un ambiente situato dall’altra parte della piazzetta. Qui vengono mostrati reperti legati alla lavorazione della Canapa.

Le lavorazioni.

Vediamo la “mannella” un piccolo fascio di steli di Canapa, chiamato così perché le sue dimensioni permettono di tenerlo in una mano e così, facilmente maneggiabile per le lavorazioni.

Poi la “maciulla” un piccolo ed intelligente strumento che consente di separare le parti legnose della pianta dalla sua preziosa fibra, lavoro faticoso ma redditizio.

La Gramola, o Maciulla.

La Gramola, o Maciulla.

Facendo passare una Mannella trasversalmente nella gramola mentre qualcuno batteva con la parte mobile dello strumento, le scaglie legnose si raccoglievano nelle scanalature e cadevano nell’apertura in basso, mentre le fibre venivano via via liberate dalle parti meno utili.

Il termine “maciullare” deriva proprio dal nome di questo antico strumento.

Una volta liberate dalle parti legnose, le fibre subivano altre lavorazioni fino a diventare delle matasse piuttosto grezze e dovevano venire filate per ottenere il filato, appunto. Questo veniva poi utilizzato nei telai, al naturale o tinto con coloranti ottenuti dalle piante o altre materie prime.

La matassa di Canapa prima della filatura.

La matassa di Canapa prima della filatura.

Le sapienti mani delle filatrici ottenevano filati di maggiore o minore raffinatezza a seconda della cura adoperata nell’operazione.

I filati al naturale e colorati.

I filati al naturale e colorati.

Le tinture.

Una piccola sezione è dedicata alla tintura della Canapa. Su alcuni ripiani in vetro sono raccolte le varie essenze colorate estratte da alcune piante e dalla Cocciniglia, un animaletto dannosissimo in agricoltura ma che veniva in passato utilizzato per estrarre il colore rosso carminio, utilizzato per la colorazione di stoffe e del liquore Alchermes, conosciuto in pasticceria e il cui nome significa proprio Cocciniglia in Arabo.

Vediamo poi lo Scotano, la Robbia, la Reseda e il Guado; tutte piante utilizzate per tingere in diversi colori i filati da tessere.

Vedendole aumenta la consapevolezza del grande lavoro che c’era alle spalle di un bel tessuto.

Le collezioni.

In una stanza attigua un grande mobile realizzato appositamente raccoglie moltissimi manufatti: lenzuola, tovaglie, fasce per neonati, asciugamani, di più grezza e di raffinata fattura, molti ricchi di ricami e lavorazioni impensabili al giorno d’oggi.

Toccare queste stoffe è stato un po’ come ritrovarsi in quei tempi passati, dove il corredo di una sposa veniva portato in processione durante il matrimonio per dimostrarne la ricchezza e l’impegno profuso per realizzarlo.

Scaffali invece raccolgono libri e riviste, da quelli più antichi fino ad arrivare ad un più recente passato. Testi sulla coltivazione e lavorazione della Canapa e riviste di moda dove scoprire le più raffinate lavorazioni di questo prezioso tessuto.

Il presente.

Il museo, come abbiamo già detto, è anche un luogo di diffusione delle nuove tecnologie legate a questo materiale.

Qui troviamo alcune sorprese. Una culla per neonati realizzata completamente in Canapa, dal materassino alle corde per tenerla sospesa fino alla struttura rigida che può trasformarsi poi in un tavolinetto per i primi giochi del bambino, tutta la sua struttura è progettata per essere riciclata interamente.

Uno skateboard la cui tavola è in stoffa e plastica derivata dalla Canapa. La stessa plastica utilizzata per realizzare un avveniristico basso elettrico.

Basso elettrico in plastica di Canapa.

Basso elettrico in plastica di Canapa.

Questa plastica è progettata per essere utilizzata con le stampanti tridimensionali ed è adatta a creare forme complesse, adatte alle più svariate applicazioni.

La vediamo anche in una altalena con la tavoletta fatta di fibra compressa le funi, naturalmente in canapa e le maniglie su cui sorreggersi in plastica di canapa stampate in 3d.

Il sito.

I curatori del museo hanno realizzato un sito internet dove conoscere tutta la storia, le attività e le tante iniziative della struttura. Storie raccontate da chi ha vissuto la realtà contadina del passato e filmati sulla lavorazione. È molto ben realizzato e ti consiglio di “navigarlo” con attenzione. Puoi scoprire la storia e i tanti aspetti di questo materiale che sono sicuro, ti sorprenderanno.

Lo puoi trovare qui: https://www.museodellacanapa.it/


Cosa dire al termine di questo articolo? Se ti interessa conoscere la storia e le molteplici applicazioni moderne di questo antico e modernissimo materiale, non puoi fare a meno di dedicargli una visita.

Ti suggerisco di scegliere la visita guidata. Anche se le infografiche presenti facilitano moltissimo la comprensione di tutto il materiale esposto, sentire dalla viva voce da una delle appassionate guide le informazioni e le storie rende la visita sicuramente più completa ed affascinante.

Una volta lì non tralasciare di fare un giro per piccolo e ben tenuto paesino. Santa Anatolia di Narco ha molti scorci e luoghi che valgono una bella passeggiata per le sue vie.

Come sempre ti invitiamo a scriverci nei commenti le tue considerazioni e, magari, una tua visita al museo.

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