Il pomodoro salvato.
Una antica varietà di pomodoro tramandata da una famiglia di contadini, conservata in un angolo dell’Umbria e riscoperta da una Associazione nata per diffonderne la conoscenza.
Un tempo, chi coltivava la terra era autarchico per necessità. Quasi tutta la catena di produzione, la “filiera” diremmo oggi, era interna all’azienda agricola o alla famiglia.
Il fieno era prodotto per la cura degli animali, i cereali utilizzati per l’alimentazione degli stessi, il letame veniva usato per la concimazione dei terreni, il grano per il pane, i prodotti dell’orto per le conserve; insomma un microcosmo autosufficiente, dove poche cose venivano acquistate all’esterno.
I semi per le coltivazioni dell’anno successivo erano quelli messi da parte a fine stagione ed anche i prodotti dell’orto seguivano questa semplice logica.
A metà del secolo scorso nell’Italia agricola, si diffusero i Consorzi, con la funzione di raccogliere gli ortaggi e i prodotti di più aziende e/o famiglie per lavorarli tutti assieme e poi ridistribuirli ai contadini stessi e/o venderli per loro conto. Un meccanismo molto simile alla cantine sociali, ad esempio.
Molto spesso questi Consorzi distribuivano sementi di varietà di ortaggi più produttive, con l’intento di migliorare la resa economica sia per loro che per i contadini.
Questo meccanismo ha però generato un effetto collaterale piuttosto negativo: sono state via via accantonate e fatte scomparire quelle varietà vegetali tramandate per generazioni, sostituite da ibridi industriali uguali per tutti, riducendo drasticamente la naturale biodiversità.
A Monte Castello di Vibio, un bellissimo borgo della campagna umbra, la famiglia di Cesare Falchetti, negli anni ’50, scelse invece di continuare a coltivare i pomodori utilizzando i semi che si tramandavano da generazioni. Svolgendo così, quasi inconsapevolmente il ruolo di tutore di una tradizione.
I giorni nostri
In tempi recenti, Matteo Ciucci, un imprenditore agricolo della zona, particolarmente attento alla coltivazione biologica, ha notato le particolari caratteristiche del pomodoro coltivato nell’orto di famiglia di Cesare ed ha iniziato ad approfondire l’argomento.
Capito, dai racconti di Cesare che si trovava di fronte ad una piccola rarità, ha chiesto collaborazione all’Università di Agraria attraverso il Parco Tecnologico di Pantalla, dove sono stati effettuati esami e test sul pomodoro.
È stato così scoperto che è una varietà unica, superstite di un tempo immemore e che si è particolarmente adattata, stagione dopo stagione, al clima ed alle caratteristiche del territorio di Monte Castello.
Possiede inoltre particolari caratteristiche: necessita di poca acqua e riesce a superare periodi di siccità; l’allegagione e la maturazione del frutto sono particolarmente omogenee, facilitando così una raccolta rapida e la possibilità di lavorazione in tempi brevi.
Particolarmente resistente alle malattie e quasi assente la necessità di trattamenti; ha una buccia con caratteristiche tali da resistere alle punture di insetti.
E poi, non meno importante, anzi; ha un contenuto di carotenoidi fino al doppio di pomodori simili come il datterino o ciliegino, oltre che caratteristiche organolettiche che lo rendono gradevole al consumo da fresco e particolarmente adatto alla conservazione attraverso la classica passata.
Attualmente l’Associazione “Pomodoro de Cesare” sta promuovendo, attraverso seminari, degustazioni ed altre iniziative, la conoscenza di questo raro, anzi unico pomodoro per il quale è stata richiesta l’iscrizione al Registro Regionale delle varietà locali ed all’anagrafe nazionale.
Attualmente è prevista la distribuzione di semi e piantine da parte della Associazione.
Ti terrò aggiornato sugli sviluppi di questa “riscoperta” del pomodoro di Monte Castello di Vibio.
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